Rasha in traditional Sudanese Toub

giovedì 14 gennaio 2010

Rosarno la revolta del immigrati.



Nokoss
Progetti, idee e culture alternative
Inizio anno con rivolta. La settimana di fuoco di Rosarno
di Federica Abozzi - 14/01/2010

Bastoni e astio. Strutture fatiscenti all’ex Opera Sila (la fabbrica di formaggio in disuso da anni) alla periferia di Rosarno, baracche di cartone, plastica e lamiera con all’interno decine di biciclette (con cui si raggiungevano i campi per la raccolta di arance e mandarini), vestiti, pentole, utensili da cucina, bombole del gas, letti, coperte, resti di cibo, centinaia di scarpe, valigie dimenticate dalla troppa fretta di fuggire. Questo resta di una triste pagina di vita in un Comune della Calabria.
La cronaca è ormai nota. Tra il 7 e il 10 di gennaio si è assistito all’escalation di tumulto. Prima l’aggressione armata d’ignoti verso due immigrati di origine africana. Uno più grave, ricoverato nel reparto di neurochirurgia degli Ospedali Riuniti di Reggio Calabria, l’altro operato a un rene all’ospedale di Polistena. Forse inevitabile, forse non prevista, la sommossa dei compagni di sventura non si è fatta attendere. Auto distrutte, cassonetti bruciati e rovesciati sull’asfalto, abitazioni danneggiate, per un bilancio complessivo di dieci poliziotti, otto carabinieri e una ventina di extracomunitari feriti nell’arco di tre giorni. Alla guerriglia il comitato cittadino ha risposto con un blocco stradale in attesa di una task force della Prefettura di Reggio Calabria, che ha riportato l’ordine pubblico in quarantotto ore con il trasferimento dei clandestini nei centri d’accoglienza di Bari e Crotone. L’allontanamento volontario o accompagnato, insieme al Dipartimento per l’immigrazione e le Libertà civili del Viminale e all’intervento dei mediatori culturali e degli operatori del volontariato, ha interessato 1.300 immigrati.Tra Rosarno e Gioia Tauro, una “colonia” di 1.500 extracomunitari lavorava come manodopera agricola. In tanti provenivano da Ghana, Nigeria, Burkina Faso, Mali, Senegal, Liberia, Sudan, Togo (anche un rifugiato politico con regolare permesso di soggiorno), alla ricerca di un salario. L’eldorado si è rivelato un’illusione: il dramma dello sfruttamento che segnò il continente nero ha forme più moderne oggi. Forza lavoro di piccoli proprietari, la paga di 1 euro a cassetta di mandarini e sei centesimi il chilo di arance. L’arte dell’arrangiarsi, poi, per sopravvivere: tende e coperta dalle associazioni di volontariato.
Il territorio non è nuovo ad agitazioni simili. Già nella primavera del 2009 l’arresto di tre imprenditori per riduzione in schiavitù di alcuni immigrati. A dicembre del 2008, invece, due giovani a bordo di un’auto spararono contro due ragazzi africani di ritorno dai campi. Nella Piana di Gioia Tauro l’ombra della mafia è viva. A dirlo voci del luogo e addetti ai lavori come il sostituto procuratore alla Procura nazionale antimafia Alberto Cisterna (“Quando la gente si è sentita aggredita si è rivolta ai mafiosi che sono stati costretti a intervenire per non perdere la faccia”, da un’intervista all’Avvenire) o il sindaco di Riace Domenico Lucano (“E’ tutto lavoro nero collegato con la malavita organizzata. Pagando questa gente 15 euro al giorno li abbiamo resi schiavi”).Si cerca di dimenticare a Rosarno, ora che la calma è tornata. Nel campo della Rognetta presto sorgerà la prima piazza con area mercato della zona. E se fosse solo apparenza? Braccianti dalla Bulgaria e Bielorussia, operai dall’Ucraina e Romania, sono già affittuari disperati (100 euro al mese) delle abitazioni disseminate tra gli agrumeti.
L’apporto solidale ha seguito lo sconcerto. Manifestazione di solidarietà agli extracomunitari dai centri sociali di Roma, uno sciopero degli immigrati, l’ammonimento di Papa Benedetto XVI (“L’immigrato è un essere umano, la violenza non deve essere mai per nessuno il modo per risolvere le difficoltà”), la provocazione dello scrittore Roberto Saviano (“a essersi ribellata è la parte sana della comunità africana che non accetta compromessi con la criminalità organizzata”).Una realtà, quella di Rosarno, che ha resistito a lungo nel silenzio e si è aggravata per gli effetti della legge sull’immigrazione. Ora il problema è stato rimosso, almeno in superficie, ma resta l’utopia di una soluzione: una risposta di garanzie ai lavoratori regolari e la sottrazione degli irregolari dalle mani dell’illegalità.

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